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COL CARO AFFITTI CHIUDONO I NEGOZI

L’ASCOM CONFCOMMERCIO DI PADOVA: “DA DUE ANNI IMPEGNATI POSITIVAMENTE A CONCORDARE RIDUZIONI DEL CANONE. MA OGGI DOBBIAMO FARE I CONTI CON LA CHIUSURA NETTA DA PARTE DELLE SOCIETA’ IMMOBILIARI”

La loro idea ha fatto talmente breccia che in diverse province italiane “Caro affitto ti scrivo” è diventato il mantra per cercare di arginare un fenomeno che sta mettendo a dura prova il proseguo di tante attività commerciali: la richiesta di affitti addirittura più cari dei contratti in essere. “Quando – spiega Patrizio Bertin, vicepresidente vicario dell’Ascom Confcommercio di Padova – circa un paio d’anni fa abbiamo avviato il nostro servizio per cercare di venire incontro alle difficoltà dei colleghi commercianti chiamando in causa la disponibilità dei proprietari degli immobili, la crisi non era così marcata e fatte cento le richieste di intervento, più di cinquanta si sono concluse, grazie alla nostra mediazione, con una riduzione comunque limitata nel tempo che, talvolta, ha raggiunto anche valori intorno al 30 per cento”. Poi però la crisi ha colpito sempre più duro e anche esercizi di tradizione e levatura che sembravano immuni dal virus della recessione hanno dovuto fare i conti con canoni che non consentivano più di “starci dentro”. “Solo che – sottolinea Enrico Rizzante dell’ufficio legale dell’Ascom – se nella prima fase della crisi erano soprattutto i proprietari “privati” a venire a più miti richieste, con l’inasprirsi delle difficoltà ci siamo imbattuti soprattutto in società immobiliari che vedono nella riduzione del canone una perdita secca del loro reddito e, addirittura, chiedono un aggiornamento al rialzo proprio in funzione dei loro obiettivi di bilancio”. In altre parole: un cane che si morde la coda e che sta mettendo a dura prova il sistema del commercio padovano. “Abbiamo notizia – puntualizza il direttore generale dell’Ascom, Federico Barbierato – di chiusure a far data dal prossimo 31 dicembre che hanno come motivazione principale proprio la richiesta di aumento del canone. Una richiesta che presenta negatività oggettive non solo in capo al negozio di fatto sfrattato, ma anche in capo ai proprietari. E’ evidente a tutti, infatti, come diventino sempre di più i locali sfitti, segno evidente di una difficoltà ad avviare nuove attività che procrastina nel tempo il riavvio di un qualsiasi esercizio con conseguente deprezzamento dei locali che non hanno più “vita” e le cui vetrine sono desolatamente spente”.

L’Ascom rinnova dunque l’appello. “A tutti i proprietari – conclude il vicepresidente vicario Bertin – rammentiamo una cosa sola: Padova è la città commerciale del Nordest per eccellenza. Chiudere le vetrine significa colpire nel profondo un’intera economia. Per cui mi chiedo: a chi giova un impoverimento del tessuto commerciale?”

 

PADOVA 16 DICEMBRE 2013