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23/03/2016 - Codici tributo per il versamento della sanzione a seguito di riscossione sospesa per motivi falsi: Risoluzione

Codici tributo per il versamento della sanzione a seguito di riscossione sospesa per motivi falsi: Risoluzione

Con Risoluzione 22 marzo 2016, n. 14, l'Agenzia delle Entrate ha istituito due nuovi codici tributo per il versamento, tramite Mod. F24, della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all'articolo 1, comma 541, Legge n. 228/2012.
In particolare, con l'art. 1, commi da 537 a 543, Legge n. 228/2012, è stata introdotta una particolare procedura, attivabile da parte del contribuente, con la quale, a decorrere dal 1° gennaio 2013 in presenza di specifiche cause, è possibile chiedere all'Agente della riscossione la sospensione della riscossione di quanto iscritto a ruolo. Il comma 541 del citato art. 1, prevede che la produzione di "documentazione falsa", da parte del contribuente, comporta l'applicazione delle sanzioni penali nonché della sanzione dal 100% al 200% delle somme dovute, con un minimo di euro 258.
Al fine di consentire il versamento della suddetta sanzione e delle somme a titolo di spese d i notifica, sono stati istituiti i seguenti codici tributo:
  • "8117", denominato "Sanzione amministrativa pecuniaria - articolo 1, comma 541, della legge 24 dicembre 2012, n. 228";
  • "8118", denominato "Spese di notifica".


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Sospensione delle delibere se prevedono aumento dei tributi, Risoluzione Finanze

Con Risoluzione 22 marzo 2016, n. 2, il Dipartimento delle Finanze ha fornito chiarimenti in merito alla sospensione dell'efficacia per il 2016 delle leggi regionali e delle deliberazioni degli enti locali nella parte in cui prevedano aumenti dei tributi e delle addizionali (art. 1, comma 26, Legge di Stabilità 2016).
In particolare, il documento di prassi ha precisato che si ritengono inefficaci le delibere che:
  • prevedono l'istituzione di nuovi tributi locali (ad esempio l'imposta di soggiorno o la tassa sui vulcani) o la riduzione di agevolazioni esistenti;
  • modificano l'ambito oggettivo di applicazione dell'addizionale comunale IRPEF con la riduzione o l'eliminazione di specifiche soglie di esenzione.

La sospensione non si applica invece alla tassa sui rifiuti (TARI), per gli enti locali che deliberano il predissesto e alla maggiorazione TASI pre vista per gli immobili non esentati.


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Permessi Legge 104: licenziabile chi non li fruisce tutti per occuparsi del disabile

L'utilizzo dei permessi previsti dalla Legge n. 104/1992 per l'assistenza a familiari disabili per motivi estranei all'assistenza legittima il licenziamento per giusta causa da parte dell'azienda: questo il verdetto della Sentenza n. 5574 pubblicata il 22 marzo dalla Corte di Cassazione.
I giudici della Corte Suprema hanno accolto le tesi dell'azienda, confermando che il lavoratore, che per più dell'80% delle ore di permesso fruite si occupa di aspetti non riconducibili all'assistenza al disabile, mostra un "sostanziale disinteresse per le esigenze aziendali" e il suo comportamento costituisce una "grave violazione dei principi di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto di lavoro".


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Non è demansionamento il passaggio a mansione non al massimo delle propria professionalità

Con la Sentenza n. 5577 pubblicata il 22 marzo 2016 la Corte di Cassazione interviene in merito al demansionamento ai sensi della normativa ante Jobs Act e più precisamente in merito al principio di equivalenza previsto dall'articolo 2103 c.c.
In particolare la Suprema Corte ha sentenziato che non si configura il demansionamento qualora il lavoratore sia preposto ad attività per le quali non siano espresse tutte le potenzialità professionali in possesso del lavoratore.
Nel caso specifico la Cassazione ha precisato che non è demansionato il giornalista inviato speciale che, in mancanza di servizi di cronaca, venga adibito a mera attività di redazione.


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Precisazioni ministeriali sull'orario di lavoro dei minori

Il Ministero del Lavoro, in risposta all'Interpello n. 11 del 21 marzo 2016, precisa che i quindicenni ancora soggetti all'obbligo scolastico,
  • qualora vengano assunti con un contratto di apprendistato del primo tipo,
  • possono effettuare un orario di lavoro non superiore alle 7 ore giornaliere e 35 settimanali.


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Onere probatorio del datore riguardo l'impossibilità di repechage

In tema di licenziamento illegittimo per giustificato motivo oggettivo, la Corte di Cassazione ha statuito che compete al datore di lavoro e non al dipendente l'allegazione e la prova dell'impossibilità di repechage del lavoratore licenziato, in quanto requisito del giustificato motivo di licenziamento.
Con la Sentenza n. 5592 del 22 marzo 2016 la Suprema Corte ha ribadito che il lavoratore che impugna il provvedimento espulsivo deve dimostrare la fonte negoziale del proprio diritto e l'inadempimento della controparte, spettando al datore provare il fatto estintivo, tra cui anche l'impossibilità di repechage.


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Licenziamento: i motivi di illegittimità non possono essere aggiunti alla domanda in corso di giudizio

In materia di licenziamento illegittimo, la Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini dell'ammissibilità della domanda proposta dal lavoratore, è necessario che i motivi di illegittimità risultino tutti addotti in sede di domanda proposta e non a fronte di successiva integrazione in corso di giudizio.
Nello specifico la Suprema Corte, con la Sentenza n. 5582 del 22 marzo 2016, ha precisato che ai fini della legittimità della domanda del lavoratore l'eventuale motivo discriminatorio, posto a base del licenziamento, non ne determina la considerabilità ai fini dell'illegittimità da parte del giudice, se non addotto nella domanda inizialmente proposta dal dipendente. Non vale a tali fini la successiva integrazione della domanda.