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20/09/2017 - Legittima la procedura di notifica dell’atto impositivo all’indirizzo Aire

Legittima la procedura di notifica dell’atto impositivo all’indirizzo Aire

Con Ordinanza 22 agosto 2017, n. 20256, la Corte di Cassazione ha sancito la validità della procedura di notifica dell’atto impositivo al contribuente residente all’estero, (nel caso particolare in Svizzera), effettuata mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), così come prevista dall’art. 60 comma 4, D.P.R. n. 600/1973.
In particolare, la Corte ha stabilito che nel caso di specie, anziché l’art. 142, C.p.c, trova applicazione la sopra citata norma speciale, la quale non fa distinzioni fra il caso del contribuente residente in Paese della UE e il caso del contribuente residente in Paese extra UE.


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Il "cattivo" consulente perde il compenso e paga i danni all’azienda

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 21643 del 19 settembre 2017, ha confermato la condanna del commercialista e consulente del lavoro al risarcimento dei danni causati dalla sua scarsa professionalità nella gestione di alcuni licenziamenti di lavoratori dell’impresa seguita.
Nel caso in specie, al termine della CIG il consulente non aveva consigliato all’azienda il licenziamento di tre lavoratori, mancanza che è costata all’azienda quasi 90 mila euro, per l’azione giudiziaria intentata degli operai. L’azienda, pertanto, oltre a non corrispondere al consulente il normale compenso, ha anche chiesto parte dei danni, che le sono stati accordati dai giudici della Corte di Cassazione che hanno ravvisato una corresponsabilità del consulente nella mala gestione dei licenziamenti.


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Illegittimità del licenziamento del lavoratore in infortunio che presta attività lavorativa nell’azienda di famiglia

La Corte di Cassazione con Sentenza n. 21667 del 19 settembre 2017 ha respinto il ricorso di un’azienda nei confronti di un dipendente che, durante l’assenza per infortunio, svolgeva un’altra attività lavorativa presso l’esercizio commerciale del figlio. In particolare, il lavoratore in questione si recava presso il negozio alla guida della propria auto e qui svolgeva prestazioni relative, tra l’altro, allo spostamento di piante di piccola dimensione e alla movimentazione della saracinesca.
La Suprema Corte, nel respingere il ricorso, ha evidenziato che, nel caso in esame, lo svolgimento dell’attività lavorativa (la guida dell’automobile e il compimento di attività non particolarmente faticose) non configura simulazione della malattia da parte del lavoratore. In sostanza, non si è trattato di attività lavorativa incompatibile con lo stato di malattia né di attività lavorativa capace di ritar dare la guarigione.


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