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BASTA CEMENTO

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BASTA CEMENTO. ADESSO  FINALMENTE  LO DICONO ANCHE I DATI
di Fernando Zilio*

Il dibattito avviato da questo giornale sull’eventuale e, per ciò che mi riguarda, auspicato stop alla cementificazione del nostro territorio, trova nei dati messi a disposizione dall’Istat e da altri autorevoli istituti (tra gli altri l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale) argomenti che meritano di essere attentamente valutati.
Preciso subito che non mi interessa la querelle politica subito inscenata con lo stucchevole rimpallo di responsabilità tra chi governa e chi si oppone, proprio perché la crudezza dei dati mette ognuno di noi di fronte a responsabilità che richiedono risposte in senso univoco.
Se Padova con il 23 per cento della superficie e Treviso con il 19% sono nella classifica delle dieci province più cementificate d’Italia (Padova addirittura sesta e Treviso nona) questo significa che lo stop alla cementificazione, più ancora che nelle ipotesi da valutare, è negli obblighi da rispettare.
Purtroppo in tutti questi anni abbiamo assistito allo scempio del nostro territorio, uno scempio talmente grave da causare un deficit di superfici agricole che ci costringe a importare sempre di più prodotti alimentari dall’estero.
Dicono sempre i dati che dagli anni Settanta a oggi la superficie agricola utilizzata è diminuita del 28%, in parte perché abbandonata dai contadini che la lavoravano ma soprattutto perché cementificata. Ma se, nel caso dei contadini, in futuro i terreni potrebbero tornare in produzione, nel caso della cementificazione il processo è irreversibile.
E’, questo della cementificazione selvaggia che crea problemi ben più gravi di quanto non si voglia vedere, un tema che da anni stiamo proponendo all’opinione pubblica e alla politica a fronte di una proliferazione di centri commerciali, grandi strutture di vendita e outlet che, sistematicamente, hanno violentato il territorio con la complicità di amministratori poco avvezzi a ragionare nel lungo periodo e sensibili, per contro, all’offerta di qualche migliaio di euro di oneri e a qualche palestrina contrabbandata come “servizio al cittadino” nel frattempo privato, “manu militari” di un bene prezioso qual è l’integrità del territorio nel quale ha scelto di vivere.

Le battaglie da noi intraprese a Limena piuttosto che a Due Carrare, a San Giorgio delle Pertiche così come a Dolo/Pianiga (leggasi Veneto City) e in diversi altri luoghi della provincia e della regione, trovano oggi, alla luce dei dati oggettivi dell’Istituto Nazionale di Statistica, un’asseverazione che esula dalla visione specifica del commercio di vicinato (a torto accusato di salvaguardare il proprio interesse di “bottega”) per abbracciare quello molto più ampio dell’intera comunità privata, progressivamente ma sistematicamente, del proprio ambiente.
Senza contare che la cementificazione selvaggia costringe il Paese ad approvvigionarsi sempre più di prodotti agricoli dall’estero, val la pena ricordare che lo stesso ministro delle Politiche Agricole Mario Catania ha proposto un disegno di legge in cui si introduce un limite nei comuni alla superficie agricola edificabile, sull’esempio di ciò che hanno già fatto i land tedeschi.
Indipendentemente da questo, ciò che ci attendiamo è che la Regione, alle prese con la nuova legge sul commercio, tenga nel debito conto i dati dell’Istat. Il pragmatismo dell’assessore Coppola ci lascia comunque ben sperare.

*Presidente Ascom Confcommercio Padova

Padova, 29 agosto 2012