IN CALO LE IMPRESE GIOVANILI IN VENETO: LAVORO AUTONOMO SEMPRE MENO CIAMBELLA DI SALVATAGGIO PER LE GIOVANI GENERAZIONI. RICCARDO CAPITANIO (GIOVANI ASCOM CONFCOMMERCIO) “LE IDEE IN ITALIA PURTROPPO NON PAGANO, SERVE MAGGIORE ACCESSO AL CREDITO E MENO BUROCRAZIA”
C’era una volta il giovane che apriva un’attività. C’era, perché sembra che adesso non ci sia più. O ci sia in misura molto minore.
Lo dicono i dati (centro studi Datagiovani su archivio Dipartimento delle Finanze), che non sono per nulla lusinghieri, soprattutto per quanto riguarda l’area del Nordest che flette addirittura del 46% del totale.
Si scopre dunque che l'attività autonoma è sempre di meno la ciambella di salvataggio per le nuove generazioni di fronte alle tante porte del lavoro dipendente sbarrate dalla crisi (l'anno scorso si era registrato un +8,1% sul 2011) e nonostante la possibilità - introdotta nel 2012 -di saldare i conti con il Fisco pagando solo il 5% di tasse. Tra le aziende under 35 perdono un po’ tutti i comparti con picchi negativi nel trasporto-logistica (-34%), nelle costruzioni (-26%) e nelle attività professionali (-17%). Il commercio, l'area che raccoglie quasi una nuova
partita Iva di giovani su quattro (oltre 32mila in Italia), nel quadro generale sembra avere tutto sommato tenuto (-7%), mentre solo tre comparti sono in crescita: l'alimentare (+7,2% sul 2012), le attività di alloggio e ristorazione (+7,1%) e quelle finanziarie ed assicurative, che segnano un +38,5% per l'assegnazione di 4.610 nuove partite Iva. Cosa può essere successo?
“Innanzitutto – spiega Riccardo Capitanio, presidente regionale dei giovani di Confcommercio e provinciale di quelli dell’Ascom di Padova - diciamo che non tutto il male potrebbe venire per nuocere. Nel senso che non è detto che una contrazione vada letta solo in senso negativo. Già la ricerca dice che è vero che si arresta la corsa delle partite Iva ma è anche vero che sembra arginarsi il rischio di trovare lavoratori autonomi "fasulli": circa tre su quattro dichiarano di operare per conto di più di un'azienda cliente, quindi non in monocommittenza, e il 70% ha un proprio ufficio, mentre quasi la totalità (87%) decide in autonomia gli orari di lavoro. Inoltre la credibilità di un progetto imprenditoriale non è sufficiente a creare una propria azienda che produca reddito e occupazione. In altre parole: le idee non pagano come magari accade in altri Paesi europei per cui un giovane che vuole aprire un’attività ci pensa bene prima di effettuare il passo e in tanti casi finisce per rinunciare a causa del mancato e difficile accesso al credito e della estenuante burocrazia”.
Ciò che comunque appare chiaro è che scema l’interesse per le attività del commercio più tradizionale per lasciare spazio ad investimenti in settori meno maturi e dunque potenzialmente più ricchi di prospettive.
“A livello locale – continua Capitanio – analizzando i dati in nostro possesso e relativi alle iscrizioni all’Ascom di nuove imprese gestite da giovani, abbiamo notato un cambiamento di rotta con un incremento di under 35 che investono nel mondo dei servizi, soprattutto legati al web e all’e-commerce, ma non solo, e sempre meno che aprono negozi di abbigliamento”.
Nel tradizionale, come si è detto, va in controtendenza l’alimentare che, abbandonati certi schemi ormai un po’ vetusti, scopre un interesse sempre maggiore proprio da parte dei giovani. Un interesse confermato dalla larga partecipazione di “under” ai corsi gestiti dalla formazione dell’Ascom nella propria Accademia Alimentare (AAMA) dove si continua a diventare ottimi pasticcieri o panettieri, ma dove anche si impara anche a fare i cocktail o a preparare un cappuccino “artistico”.
PADOVA 25 SETTEMBRE 2013