QUELLA TESTARDAGGINE TEDESCA CHE AFFOSSA L’EUROPA
di Fernando Zilio*
Un’Europa a pezzi.
E’ questo il quadro, a tinte molto fosche, che esce dall’ennesima crisi di uno dei Paesi membri. Questa volta è la piccola Cipro ad essere nell’occhio del ciclone, ma anche questa volta l’Unione Europea, a trazione tedesca, non sembra in grado di saper governare la situazione.
Per 17 miliardi, a tanto ammonta infatti il fabbisogno finanziario cipriota, stiamo rischiando un contagio dai risvolti impressionanti e persino una crisi diplomatica con la Russia di Putin.
Evidentemente, la crisi greca non ha proprio insegnato nulla nonostante siano noti i contorni economici della questione.
Li riassumo: sarebbero bastati esattamente 167 miliardi di euro per mettere la Grecia in sicurezza quando il governo di Atene (colpevole) decise di scoprire le carte. A Berlino non ci sentirono ed il conto, in termini assoluti, è salito subito a 313 miliardi. Ma le borse, che di fronte alle difficoltà vanno subito in crisi, hanno lasciato sul campo qualcosa come 850 miliardi di euro! Mi chiedo: ne valeva la pena?
La risposta evidentemente è no. Ma anche nel caso di Cipro, non è né la Bce né l’Unione Europea in quanto tale che sta prendendo decisioni, bensì uno strisciante nazionalismo tedesco alimentato dalle elezioni di settembre che peraltro sono le ultime di un triennio di consultazioni, se consideriamo anche quelle dei vari länder.
In qualche modo costretta a fare buon viso a cattivo gioco quando le crisi hanno investito Paesi grandi come l’Italia e la Spagna, Angela Merkel ha pensato bene di rivalersi (con gli interessi, è proprio il caso di dirlo) sulla Grecia e ancor più sulla piccola Cipro chiamata a contribuire addirittura con il 10 per cento di prelievo sui depositi bancari.
Appare quanto meno curioso, anche se i motivi sono più che evidenti, che sia la Russia a difendere Cipro dalla stessa Unione di cui l’isola fa parte.
Il problema, purtroppo, è che settembre è ancora lontano e le decisioni comunitarie continueranno ad essere subordinate alle ragioni elettorali tedesche e non è detto che questi mesi riservino anche all’Italia qualche sorpresa non proprio gradita. Come valutare, d’altra parte, la proposta choc del capo-economista della Commerzbank, seconda banca tedesca, peraltro salvata, che ha proposto un’imposta straordinaria del 15 per cento sulle attività finanziarie italiane?
E’ venuto il momento di dire ai tedeschi, che “sforarono” alla grande per finanziare l’unificazione, che è tempo che ci mettano una pietra sopra alla sensazione di essere sempre lì lì per essere fregati o dover pagare per gli altri e che capiscano che non è certamente nel loro interesse deprimere tutte le economie continentali che sono poi i loro mercati di riferimento.
Senza voler parafrasare von Metternich, resta comunque la sensazione che l’Europa sia solo “un’espressione geografica” che non sarà certo l’euro a portare verso l’unità politica.
D’altra parte il silenzio dei primi giorni del ministro degli esteri della Ue, signora Ashton, sulla vicenda Italia – India, non depone a favore dell’unità d’intenti. Solo una pressione della Farnesina, infatti, è riuscita a strappare una dichiarazione ad un ministro che più che agli interessi dell’Europa guardava forse a quelli del Regno Unito nella ex colonia.
In questo quadro a tinte fosche, c’è solo la speranza che effettivamente si possa superare quel patto di stabilità che avrà fatto contenti taluni partner europei ma che ha depresso all’inverosimile la nostra economia. Se invece quei 46 miliardi di pagamenti statali alle imprese arrivassero sul serio, beh, forse uno spiraglio di ripresa ci potrebbe essere perché le imprese pagherebbero i fornitori, questi pagherebbero gli stipendi ai dipendenti e questi, a loro volta, entrerebbero nei negozi per comprare. Magari tanto “made in Italy” ma anche qualche automobile “made un Germany”, la qual cosa farebbe felice anche Frau Merkel!
*Presidente Ascom Confcommercio Padova
Padova, 22 marzo 2013