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BANCARELLE DAPPERTUTTO NEL SALOTTO BUONO DELLA CITTA'

L’ASCOM: “NON E’ QUESTA LA CITTA’ CHE TRA LE SUE ECCELLENZE SI SFORZA DI PROPORRE ANCHE LO SHOPPING DI QUALITA’ ” 
C’era una volta la Padova che aspirava a diventare la città del “lusso” e che presentava alle grandi griffe che ritenevano possibile insediarsi in città il biglietto da visita rappresentato da chi già c’era: negozi del calibro di Prada, Louis Vuitton, Bulgari, Dolce e Gabbana, Gucci, Cartier, ecc. Marchi in grado di catturare l’interesse di chi, turista, aveva possibilità di spesa e riversava questa possibilità sull’intera economia cittadina.
Un’aspirazione che nei mesi scorsi ha dovuto fare i conti con alcune uscite importanti ma che adesso deve anche fare i conti con la reiterazione quasi settimanale delle bancarelle in ogni dove.
E’ il caso anche di questa settimana di Pasqua che vede, tra gli altri luoghi simbolo del commercio cittadino, il Liston e via Santa Lucia trasformati da salotto buono in mercato del formaggio più o meno stagionato, del pane più o meno fresco, della frutta candita e proposta all’aria aperta e di quant’altro sia possibile vendere se si rispettano le regole minime di sicurezza e igiene.
Resta pur sempre il dubbio: il turista facoltoso che ha scelto Padova per Pasqua apprezzerà l’abbinata Prada – ananas candito?
“Anche volendo limitare il problema alla nostra categoria – commenta Ilario Sattin, presidente degli ambulanti della Fiva Ascom di Padova – vanno rilevate due cose: la prima è che vengono penalizzati i nostri ambulanti che hanno aderito alla fiera di Pasqua prevista in via Oberdan e quelli dei mercati tradizionali giornalieri delle tre piazze centrali, mentre il secondo è ancora più grave perchè, ammesso e non concesso che questa distesa di bancarelle supplementari possa avere un suo ritorno economico, della sua promozione non c’è traccia e senza promozione non c’è gente che possa arrivare da fuori così a comprare sono solo i padovani che se acquistano il formaggio sulle bancarelle non lo comprano più Sotto il Salone o negli altri negozi”.

Il rischio dunque è quello di una sovrapposizione che non aumenta i fatturati e consegna di Padova un’immagine ben distante da quella che, con fatica, enti ed istituzioni cercano di accreditare quando, tra le eccellenze artistiche, religiose, architettoniche, ecc., propongono anche la “Padova dello shopping”.

 

Padova, 2 aprile 2015