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DA PIAZZA EREMITANI DEVE PARTIRE IL FUTURO DI PADOVA

C'E' UNA PADOVA DEL FUTURO CHE DEVE NASCERE IN PIAZZA EREMITANI
di Patrizio Bertin*

Chiuse le casette e smantellata la pista di ghiaccio, il "Villaggio di Babbo Natale" che, per un mesetto e mezzo ha infuso vita a piazza Eremitani e alle vie che lì confluiscono, ha terminato con successo la sua seconda esperienza.
Per una cinquantina di giorni la piazza che vanta come quinta la Chiesa degli Eremitani, che introduce all'Arena e che dunque è l'anticamera di Giotto, ha adempiuto al ruolo che tutte le piazze dovrebbero avere: luogo di incontro, di scambio, di commerci.
Da lunedì scorso però, senza più casette, senza più pista e senza più via vai di gente, la piazza è tornata tristemente vuota riproponendo, in tutta la sua urgenza, la domanda: cosa fare di piazza Eremitani?
Quando l'Ascom, ormai cinque anni orsono, si impegnò per ridare dignità a via Porciglia, l'idea era quella di creare un asse che, partendo da piazzale Boschetti, dove nel frattempo si stava completando il park in silos, penetrasse la città proprio attraverso via Porciglia, entrasse in piazza Eremitani e da qui, attraverso via Carlo Cassan e viaEremitani, scendesse verso la basilica del Santo percorrendo via Zabarella prima e l'omonima via del Santo poi.
Progetto ambizioso, peraltro "in itinere", che fin dal primo momento ha però evidenziato l'importanza strategica della piazza. La quale, persa la tesoreria della Cassa di Risparmio (non come palazzo quanto come servizio) e ammainata la bandiera del cinema nei vicini palazzi che ospitavano l'Altino ed il Mignon, si è di fatto desertificata, nonostante la strenua resistenza di qualche collega che, fiducioso, ha continuato a sperare in un rilancio che non fosse solo la riproposizione di un parcheggio.
Si era parlato dell'ex tesoreria come sede del poi abortito auditorium. Meglio: la Fondazione Cassa di Risparmio, in questo senso, si era anche spesa parecchio non trovando però un'interlocuzione istituzionale ricettiva.

No dunque all'auditorium, ma non vi è dubbio che quel palazzo, in quella posizione, sia la chiave di volta della possibile rinascita.
Ma rinascita di che tipo? Sinceramente non credo all'ipotesi del sito culturale "puro". Il San Gaetano, con tutti i suoi problemi di gestione, è un ottimo deterrente allo sviluppo di questa ipotesi. Credo di più invece ad una sinergia pubblico/privato, magari ad un intervento dell'Università in una prospettiva di rilancio del centro storico anche come luogo d'impresa. Perché non pensare ad un incubatore di start-up magari realizzato sul progetto di un grande architetto emerso al termine di una gara tra archistar?
E perché, in questo contesto, non pensare ad un ritorno al futuro per l'Altino ed il Mignon recuperati alla loro mission originale, quella cioè di cinema "inside" al centro storico che, da quando le multisala hanno preso la via delle periferie, si sono portate appresso gente e, ovviamente, occasioni di affari e, dunque, di lavoro.
Ovviamente si tratta di semplici ipotesi, quasi volute provocazioni, che più che dettare le linee da seguire vorrebbero far scaturire il dibattito, aprire la discussione e, con essa, riaprire quei palazzi così tristemente vuoti.
Il commercio, in questi anni, è stato troppo spesso - ma mi sento di dire in tutta onestà "sicuramente a torto" - accusato di essere il principale artefice del "partito del no". In verità nulla è più falso. Il mondo del commercio, del turismo e dei servizi ha sempre avuto una stella polare: quella che indicava la strada della valorizzazione dei centri storici, peraltro non solo quello di Padova ma anche dei tanti bellissimi centri di cui è ricca la nostra provincia. Valorizzare significa portare gente, accogliere turisti, proporre grandi iniziative e, soprattutto, avere visione strategica. Noi siamo disponibili a fare la nostra parte. Senza pregiudizi e con molto pragmatismo.

 

* Presidente Ascom Confcommercio Padova


Padova, 13 gennaio 2016