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VOUCHER E CONTRATTI A PROGETTO

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"SERVIZI & SVILUPPO" DELL'ASCOM, IL RAGGRUPPAMENTO DEL TERZIARIO AVANZATO, PROPONE DI AFFIDARE AD UN ORGANISMO LA "CERTIFICAZIONE" DELLA SERIETA' DEL LORO UTILIZZO.

Il 10 gennaio è ormai prossimo. In quella data, infatti, la Consulta fornirà il proprio parere sui quesiti referendari proposti dalla Cgil e che prevedono, tra l'altro, anche l’abolizione completa dei voucher. Un passaggio importante che, indirettamente, darà una risposta anche allo sforzo compiuto dal decreto legislativo dello scorso settembre, che ha tentato di ricondurre l’uso dei voucher nell’alveo della legittimità, grazie ad una serie di limitazioni, la principale delle quali è il preavviso di almeno un'ora dall'inizio della prestazione.
"Ma sarebbe come gettare il bambino con l'acqua sporca - commenta Mario Beltrame, componente di giunta dell'Ascom e vicepresidente del raggruppamento "Servizi & Sviluppo" dell'associazione di piazza Bardella - perché se abusi sono stati fatti (ed è presumibile che siano stati fatti se, come afferma l'Inps, nei primi dieci mesi del 2016 sono stati venduti 121,5 milioni di voucher, con un incremento del 32,3% rispetto al 2015 e nei primi dieci mesi del 2015 la crescita dell'utilizzo dei voucher, rispetto al 2014, è stata del 67,6%), questo non significa che lo strumento, in se stesso, non possa essere utile, anzi contribuisca a risolvere situazioni altrimenti nebulose".
Dunque: migliorarlo sì, abolirlo no. Anche perché era nato per combattere il lavoro nero.
"E' chiaro - continua Beltrame - che il voucher nel settore della ristorazione come anche nella distribuzione postale, dove i picchi di lavoro sono un vero problema gestionale e spesso a godere dell'integrazione al reddito sono gli studenti ed i disoccupati, è un buon deterrente al lavoro nero. Viceversa nell'edilizia, dove vengono richiesti anche standard di sicurezza non banali, il voucher può nascondere forme di "decontrattualizzazione" spinta".
Ma come fare per gettare l'acqua sporca e tenere il bambino?
"A mio giudizio - continua Beltrame - potrebbe essere un organismo a "certificare" che l'utilizzo è corretto. Anche perché le occasioni per l'utilizzo dei voucher possono riguardare lavori di nicchia che una legge troppo "generica" spesso finisce per penalizzare".
Ma di lavoro, evidentemente, in Italia si fa fatica a parlare serenamente.
"La vicenda del jobs act - spiega Nicola Bertin, presidente della sezione "Servizi & Sviluppo" dell'Ascom - dimostra che troppo spesso l'ideologia tende a marginalizzare anche le cose buone".
E' il caso dei cosiddetti co.co.pro., ovvero i contratti a progetto che dal 2016, salvo qualche limitata eccezione, non esistono più.
"Eppure - sostiene Bertin - per determinati tipi di lavoro, com'è quello delle imprese del terziario avanzato che noi rappresentiamo, i progetti non sono l'escamotage per non assumere le persone, ma sono effettivamente la risposta che le nostre imprese possono offrire rispetto a commesse che, oggettivamente, prevedono un "progetto" da realizzare in un tempo ben definito".
Chiaro che se un call center applica un contratto a progetto la cosa è sospetta, ma se un’impresa di servizi si avvale di una persona esperta, ad esempio, per un intervento di analisi di un processo produttivo ben specifico e chiusa la consulenza e raggiunti gli obiettivi la società non ha più bisogno dell'esperto, quella è una cosa reale e verificabile. Il problema, semmai, è come posso pagare quella persona. Opto per la prestazione occasionale, per il voucher o, di fatto, lo “costringo” ad aprire la partita Iva? Io credo che un contratto a progetto sarebbe di gran lunga preferibile".
Sulla questione, secondo "Servizi & Sviluppo" dell'Ascom, le associazioni potrebbero fare molto.
"Purchè - conclude Nicola Bertin - l'obiettivo sia quello di risolvere i problemi. L'impressione, invece, è che si punti al "tanto peggio, tanto meglio" in modo così da lasciare campo libero a chi, realmente, non vuole né vincoli né controlli".

 

Padova 5 gennaio 2017