Home

LA TASSA SUI RIFIUTI: UN FRENO ALLO SVILUPPO DELLE IMPRESE


MA PER LA RICERCA CONFCOMMERCIO, PRESENTATA QUESTA MATTINA A ROMA, PADOVA NON E’ TRA LE PEGGIORI.
BERTIN (PRESIDENTE ASCOM CONFCOMMERCIO PADOVA): “TROPPE DISPARITA’: BISOGNA ARRIVARE RAPIDAMENTE ALL’OGGETTIVITA’ DEI COSTI

Tutto sommato, non male.
Certo, la tassa sui rifiuti è una croce per le famiglie ed un freno allo sviluppo delle imprese, ma i padovani, quando si parla di TARI, hanno sì di che lamentarsi, ma poi nemmeno troppo. O meglio: non hanno motivo se guardano alle altre province del Veneto e, soprattutto, se guardano al resto d'Italia.
Certo: siccome si può sempre fare meglio, c'è spazio anche per più di un rilievo, ma nel complesso il quadro che emerge dallo studio di Confcommercio, presentato questa mattina a Roma in occasione dell'avvio del portale www.osservatoriotasselocali.it, sugli aumenti e le distorsioni applicative della TARI su imprese e famiglie, non è a tinte fosche come invece avviene, tanto per citare i vicini, nella limitrofa Vicenza
I dati, elaborati su base provinciale, regionale e per settore di attività economica, in estrema sintesi svelano un continuo aumento della tassa, divari di costo tra medesime categorie e nella stessa provincia, inefficienza delle amministrazioni locali. Le quali, pur andando in ordine sparso, sembrano, per la gran parte,accomunate da un unico obiettivo: fare cassa grazie alla logica dei coefficienti presuntivi di produzione in barba al principio europeo “chi inquina paga” che a queste latitudini non sembra far poi tanta breccia.
Come, peraltro, non sembrano fare breccia concetti come le specifiche esenzioni / agevolazioni per le attività stagionali e per le aree scoperte operative ed il principio, sacrosanto, per cui il tributo non è dovuto, né in parte fissa né in parte variabile, per i rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero.
Basata su dati del 2016 ed in parte del 2017 e relativa a circa 2000 comuni italiani, la ricerca di Confcommercio valuta in 9,3 miliardi di euro l’ammontare complessivo della tassa con un incremento, negli ultimi sette anni, di qualcosa come 3,9 miliardi che, tradotti in percentuale, significano ben il 72%!
Dunque costi sempre più alti. Ma dovuti a cosa? Il campionario è quanto mai variegato. Si va dall’inefficienza che non consente di raggiungere gli obiettivi di raccolta differenziata, allo scostamento dei costi standard e alla non corretta individuazione delle categorie economiche.
Risultato:  disparità che gridano vendetta con effetti sui cittadini e sulle imprese che la ricerca di Confcommercio riassume in alcune macroscopiche situazioni non tra regione e regione ma, addirittura, nell’ambito di una stessa provincia e tra le quali fa capolino anche, alla voce “alberghi”, il confronto tra Padova (dove si pagano 5.901 euro/anno) ed Abano Terme, dove la Tari si ferma a 4.189 euro/anno.
In ogni caso, come si diceva all’inizio, Padova (intesa come capoluogo) non è poi così male. In quello che è lo scostamento percentuale tra spesa storica e fabbisogno standard la città del Santo si piazza al 56° posto (in pratica a metà classica) con uno scostamento dello 0,68%. Sostanzialmente la spesa storica rappresenta la spesa reale del Comune in un determinato anno e ricomprende il costo di gestione complessivo dei rifiuti urbani e assimilati, tra cui rientrano le attività di raccolta e di trasporto.
Il fabbisogno standard rappresenta, invece, la reale necessità finanziaria di un ente locale in base alle sue caratteristiche territoriali e agli aspetti socio-demografici della popolazione residente. Uno scostamento per certi aspetti “fisiologico”, comunque ben distante dalla meno virtuosa Asti (76,61% in più) e al tempo stesso altrettanto distante dalla eccellente Pistoia (32,77% in meno).
“Gli scostamenti, anche marcati – commenta il presidente dell’Ascom Confcommercio di Padova, Patrizio Bertin – da realtà a realtà e, all’interno di queste, tra categoria e categoria danno un’idea di quanto la discrezionalità sia distribuita a piene mani quando invece sarebbe auspicabile che la tassazione, così come avviene per l’attribuzione dei costi di altri servizi (luce, acqua, gas) si uniformasse a criteri più oggettivi”.
In attesa che questo possa avvenire, ovvero che il già citato “chi inquina paga” diventi la stella polare delle amministrazioni locali, può essere utile “navigare” tra le diverse categorie e verificare quanto Padova si discosti dalla media nazionale e da quella regionale.
Veniamo così a scoprire che rispetto alla media nazionale Padova è spesso al di sotto ma non lo è in alcuni settori che, guarda caso, appartengono alla galassia del commercio e del turismo.
Sopra media sono infatti negozi di abbigliamento, calzature, librerie e ferramenta; botteghe di falegnami, idraulici, fotografi, orafi e pulisecco;  altre attività artigianali; ristoranti, trattorie e pizzerie; mense, birrerie, hamburgherie; bar, caffè e pasticcerie; ortofrutta, pescherie, piante e fiori; discoteche e night club e, per finire, anche alberghi con ristorante (anche se solo per un risibile centesimo di euro).
“Come tutte le indagini – conclude Bertin – e come tutte le medie vale sempre la massima di Trilussa e del suo pollo, per cui vanno sempre prese con le dovute cautele. Una cosa però appare chiara: la disparità di trattamento va superata così come vanno riequilibrate certe situazioni: perché mai accanirsi contro le fiorerie quando il loro rifiuto, pur se consistente, è assolutamente compostabile ed ecologico?”

Padova 26 luglio 2018