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IL COMMENTO DI PATRIZIO BERTIN SUL CONTRASTO TRA AGENZIA ENTRATE E FCA


L'AGENZA DELLE ENTRATE CHIEDE 1,3 MILIARDI DI EURO A FCA.

BERTIN (PRESIDENTE ASCOM CONFCOMMERCIO PADOVA): "PENSO GIA' DI SAPERE COME ANDRA' A FINIRE". INTANTO SUI "PICCOLI" NUOVI OBBLIGHI E ANCORA TASSE
"Curioso di sapere come andrà a finire anche se, pur senza sfera di cristallo, penso già di conoscere l'epilogo".
Il presidente dell'Ascom Confcommercio di Padova, Patrizio Bertin, prende spunto dalla contestazione fiscale fatta dall'Agenzia delle Entrate a Fiat Chrysler che potrebbe costare alla società presieduta da John Elkann, che si prepara alla fusione con Psa, la bellezza di 1,3 miliardi di euro.
"Potrebbe - continua Bertin - ma sono pronto a scommettere che non andrà a finire così. Non solo perchè la società ha già detto che "qualsivoglia plusvalenza tassabile che fosse accertata sarebbe compensata da perdite pregresse, senza alcun significativo esborso di liquidità o conseguenza sui risultati", ma anche perchè è noto come l'Agenzia delle Entrate, pur di portare a casa un po' di soldi, è sempre magnanima con chi ha contenziosi consistenti".
Accusata di aver sottostimato di 5,1 miliardi di euro il valore dell’acquisizione della parte americana del gruppo, durante la ristrutturazione avvenuta nell’ottobre 2014, la nuova società con sede legale in Olanda e sede fiscale in Gran Bretagna, invece che a Torino, che era la sede storica da oltre un secolo della Fiat, avrebbe dovuto pagare la cosiddetta ‘exit tax‘, un’imposta che l’Italia applica sulle plusvalenze realizzate quando le società spostano le loro attività al di fuori del Paese. Solo che aveva pagato la tassa – che all’epoca aveva una aliquota di circa il 27,5% – su un valore dichiarato, seguendo le indicazioni dei suoi consulenti, di 7,5 miliardi mentre l'Agenzia delle Entrate all’epoca aveva invece valutato Chrysler circa 12,5 miliardi di euro.
"Adesso - continua il presidente dell'Ascom Confcommercio di Padova - non è tanto il caso in se stesso che merita di essere valutato, quanto piuttosto il contesto nel quale si trovano ad operare le imprese all'interno del nostro Stato, sempre più debole con i forti e sempre più forte con i deboli".
Semplice il ragionamento di Bertin: seppur tra un rinvio e l'altro, ai commercianti vengono imposti, magari non subito ma tra sei mesi e con l'obiettivo di una "lotta senza quartiere all'evasione", invio telematico degli scontrini, lotteria degli stessi, redditometro, spesometro, riccometro e chi più ne ha più ne metta. 
"Lo Stato - affonda il presidente dell'Ascom Confcommercio di Padova - raschia il fondo del barile dai piccoli imprenditori, minaccia l'abolizione del forfait, adombra l'ipotesi di prelievi forzosi sui conti correnti, il tutto per racimolare quei miliardi che ben difficilmente porterà a casa da chi dell'elusione ha fatto il suo credo".
D'altra parte, stuoli di commercialisti e lobbisti (non quelli trasparenti di stampo anglosassone, ma quelli subdoli di formazione italica) annidati nei corridoi di Montecitorio o di Palazzo Madama, hanno gioco facile nel depotenziare anche le (poche) contestazioni che l'Agenzia delle Entrate fa nei confronti dei "grandi" a differenza di quelle (molte) che fa nei confronti dei "piccoli".
"La cosa più amara - conclude Bertin - è che se Fca, come già appare evidente, se la caverà con un (quasi) nulla di fatto, significherà che chi ha la possibilità di trasferire la propria sede in paradisi fiscali più o meno "accoglienti", più o meno legittimi (visto che si annidano persino nell'Unione Europea) alla fine avrà sempre ragione e chi si ostina ad aprire ogni mattina nella propria città la serranda in quella strada che egli stesso illumina con le proprie luci della vetrina, che prima di licenziare anche se non c'è lavoro ci pensa sette volte, che paga la tassa sul plateatico, e quella sulla pubblicità, e quella sui rifiuti, e l'Iva, e l'Irpef, ecc. ecc., avrà sempre torto. Fino a che, come ricorda un bel libro di qualche anno fa, "anche le formiche, nel loro piccolo, si incazzano".

Padova 10 dicembre 2019