TRA LE TANTE CRITICITA' CHE ZAVORANNO LA RIPRESA UNA, AL PARI DEL COSTO DEL LAVORO, TIENE IN ANSIA GLI IMPRENDITORI DEL COMMERCIO, DEL TURISMO E DEI SERVIZI: GLI AFFITTI.
BERTIN (ASCOM CONFCOMMERCIO) "AVVISA" I PROPRIETARI RESTII A TRATTARE SUL CANONE: "SE IL NEGOZIO CHIUDE PER SFRATTO, DIFFICILE RIAFFITTARLO DA QUI A MOLTI MESI"
Difficile fare una classifica di quali siano, ancora adesso, i “nemici” dell’economia post Covid-19.
“Diciamo che siamo in presenza – conferma Patrizio Bertin, presidente di Ascom Confcommercio Padova – di una somma di fattori: paura sociale, limitazione degli ingressi nei negozi con spazi ridotti, riduzione delle capienze per il distanziamento sociale nei bar e ristoranti, mancanza di turismo, eccessivo ricorso allo smart working. Però se c’è un problema che più di ogni altro, al pari del costo del lavoro, sta seriamente preoccupando gli imprenditori, questo è il problema degli affitti”.
Non che per Bertin il problema si manifesti oggi: già il 9 marzo prendeva carta e penna per chiedere un primo intervento in favore di una cancellazione o riduzione degli affitti, lanciando una sorta di appello: “Il coronavirus ci sta dicendo soprattutto una cosa: o ne usciamo tutti assieme, esprimendo il massimo della coesione, o rischiamo seriamente”.
Un appello in parte accolto, in parte no.
Ottimo osservatorio, in tal senso, l’ufficio legale dell’Ascom Confcommercio che, in questi mesi, ha aiutato diversi imprenditori (si tenga presente che uno su due, mediamente, è in affitto ed in alcune aree diventano tre su quattro) a cercare una soluzione finendo anche per rivelare che c’era maggiore propensione alla trattativa tra i locatori più giovani e della città rispetto a quelli più anziani e della provincia e che comunque le trattative diventavano difficili, per non dire impossibili, quando il locatore era una società.
“Eppure – continua il presidente dell’Ascom Confcommercio – non dovrebbe essere difficile, per un proprietario di immobile destinato ad attività commerciale, comprendere che evitare di strozzare il locatario è anche nel suo interesse”.
Ragionamento semplice: se io locatore ti concedo una cancellazione o comunque una forte riduzione dell’affitto per i mesi di marzo, aprile e maggio e magari concordo un canone comunque ridotto da giugno a dicembre, aumenterò sicuramente la probabilità di sopravvivenza del negozio che, da gennaio, a ripresa (si spera) avviata, ricomincerà a pagarmi al 100%. Viceversa, se il negozio chiude per sfratto, sarà ben difficile che io locatore possa riaffittare a qualcun altro il negozio visti i tempi grami che stiamo vivendo.
E’ vero che il governo ha previsto un bonus, sotto forma di credito d’imposta, pari (fino ai 5 milioni di fatturato) al 60% di quanto effettivamente pagato, ma Confcommercio e Ascom, a questo proposito, avevano avanzata l’ipotesi che a godere del bonus non fossero gli affittuari, ma i proprietari.
“In questo modo – spiega Bertin – il proprietario, forte del bonus del 60%, avrebbe potuto richiedere, fin dal primo momento, un canone ridotto del 40% rimettendoci praticamente “zero” pur aiutando l’inquilino”.
Purtroppo, argomento chiuso.
“Non è invece chiusa la partita – conclude Bertin – relativamente alla necessità che i locatori vengano incontro alle necessità dei locatari che, se sono sempre stati corretti nei pagamenti ed ora chiedono una riduzione, è perché effettivamente non ce la fanno”.
C'è infine un ultimo aspetto che dovrebbe convincere i proprietari degli immobili a scendere a più miti consigli: il tribunale di Venezia, nelle scorse settimane, ha stabilito che, in presenza dell'impossibilità a svolgere il proprio lavoro (ed è fuor di dubbio che nei mesi critici del lockdown questo sia avvenuto) il canone non è dovuto. Una sentenza, come una rondine, non fa primavera, ma forse fa giurisprudenza ...
PADOVA 1° LUGLIO 2020