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COSTO MASCHERINE: ANTIPAZIONI CUI NON FANNO SEGUITO I FATTI CREANO SCONTENTO

MASCHERINE: IL COMMISSARIO ARCURI PARLA DI 50 CENTESIMI E METTE IN CRISI COMMERCIANTI E PRODUZIONE.
L’ASCOM CONFCOMMERCIO: “I SOLITI ANNUNCI IMPROVVIDI E LE ANTICIPAZIONI ALLE QUALI NON SEGUONO I FATTI NON FANNO ALTRO CHE ESASPERARE GLI ANIMI”
E venne l’ora del “problema mascherine”.
Perché se prima non si trovavano considerato che proprio non c’erano, adesso non si trovano perché chi le ha non riesce più a venderle o non può più farlo.
Ma facciamo un passo indietro. Tutto comincia domenica sera quando viene annunciato, tra gli altri provvedimenti, un prezzo calmierato per le mascherine chirurgiche: 0,50 euro ciascuna
“Un comunicato improvvido – commenta il presidente di Confcommercio Veneto e dell’Ascom di Padova, Patrizio Bertin – perché ha messo di fronte tanti negozi che si erano approvvigionati a prezzo di mercato con le richieste dei clienti che, di fronte a valori superiori ai 50 centesimi per le mascherine chirurgiche, nella migliore delle ipotesi hanno storto il naso, nella peggiore hanno pensato ai soliti commercianti speculatori”.
Invece non è così. 
“Ci avevo messo tutto l’impegno possibile – spiega Roberto Berti, vicepresidente dei librai e cartolibrari dell’Ascom -  per fare in modo che la riapertura del mio negozio corrispondesse anche alla possibilità di fornire le mascherine ai miei clienti. Per cui le ho comprate a 1,30 euro, un prezzo che mi era sembrato accettabile. Poi è arrivata la dichiarazione del commissario Arcuri e le mie mascherine sono diventate un problema: o le vendo con un seppur minimo ricarico o, se anche volessi svenderle a 0,50 euro, dovrei comunicare al Comune la vendita sottocosto e comunque mi esporrei alle valutazioni dell’amministrazione finanziaria”.
Dunque impossibilità di fatto e di diritto di vendere le mascherine.
“Quello denunciato dal collega Berti – continua Bertin – è solo un esempio per cui confidiamo che il governo voglia risolvere al più presto tale situazione che dobbiamo, purtroppo, annoverare tra gli “annunci improvvidi” del governo o tra le anticipazioni non seguite a fatti concreti che stanno esasperando gli animi di chi è fermo da oltre due mesi e non vede la fine di un tunnel che potrebbe portarli alla chiusura”.
Alle proteste dei rivenditori (ed in particolare delle farmacie) si sono aggiunte anche quelle delle aziende del mondo della moda che, nel frattempo, avevano riconvertito le loro produzioni per far fronte all’emergenza e mantenere posti di lavoro e che con il prezzo calmierato non coprono i costi di produzione. 
“Il dubbio – conclude Bertin – è che la storia non insegni proprio nulla. Era il 301 quando Diocleziano impose il primo prezzo calmierato per legge e si ritrovò a creare il mercato nero!”

Padova 29 aprile 2020