BERTIN (ASCOM PADOVA): “EVIDENTE IL CONTRASTO TRA LEGGE MONTI E COMPETENZA ESCLUSIVA DELLA REGIONE IN MATERIA DI COMMERCIO.SE DOVESSE PASSARE LA PRIMA VORREBBE DIRE AVER MESSO UNA PIETRA SOPRA AL FEDERALISMO”.
“Noi siamo convinti che la scelta giusta sia stata quella della Regione e, di conseguenza, approviamo il comportamento del Comune di Padova che ha provveduto a sanzionare gli esercizi commerciali che ieri, domenica, hanno tenuto aperto”.
E’ affidata a Patrizio Bertin, vicepresidente provinciale e presidente Ascom dei commercianti del centro storico di Padova, una valutazione sulla domenica cha ha visto scontrarsi una norma nazionale (le legge Monti che liberalizza gli orari dei negozi) e una norma regionale (che ha fissato in 16 domeniche più le quattro di dicembre il quantitativo di aperture domenicali).
“E’ evidente – continua Bertin – che il braccio di ferro continuerà anche nelle prossime settimane e soprattutto perché alla seconda infrazione scatta la sanzione della chiusura dell’esercizio sfocerà, con tutta probabilità, in ricorsi alla magistratura amministrativa prima e alla Corte Costituzionale poi visto che lo Stato, con la legge Monti, ha invaso uno dei campi, quello del commercio, che la Costituzione affida come competenza esclusiva alle Regioni. Se posso esprimere una valutazione, direi che, se dovesse passare il concetto che lo Stato ha ragione e la Regione sbaglia, vorrebbe dire aver messo una pietra sopra a tutti i bei discorsi sul federalismo!”.
Ma la critica di Bertin non si limita agli aspetti per così dire legali.
“Ciò che le aperture domenicali mettono totalmente in discussione – continua il vicepresidente dell’Ascom – è la sostenibilità di un comparto formato al 95% da imprese che contano un numero massimo di dieci dipendenti e molte, addirittura, sono ad esclusiva conduzione familiare. Per dare retta alle pressioni delle grandi multinazionali del commercio, che magari sventolano lo specchietto per le allodole di qualche assunzione precaria, si rischia di mettere in ginocchio proprio queste piccole imprese che danno lavoro stabile a migliaia di persone. La chiusura di queste attività comporterà la perdita di moltissimi posti di lavoro e l’abbandono totale dei centri cittadini con inevitabile apertura di credito nei confronti del degrado”.
“Certo – conclude Bertin – anche i commercianti, come da più parti è stato sostenuto, devono modificare il loro approccio ad una professione che non può più essere quella di dieci o vent’anni fa, ma non è certo a colpi di deregulation che si modernizza un comparto che, noi riteniamo, nella nostra regione, nella nostra provincia ed in città ha raggiunto un equilibrio ottimale tra piccola, media e grande distribuzione. Voler forzare a tutti i costi sulle leve delle “full open” significa scardinare alla base questo equilibrio. Senza contare, infine, che spesso le multinazionali non pagano le tasse in Italia!”.
16 gennaio 2012
