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MONDO DEL LAVORO

MANCATO RIPOSO DEL LAVORATORE E LAVORO NERO: ADESSO SANZIONI DECUPLICATE.
BERTIN (ASCOM CONFCOMMERCIO PADOVA): “NORMA GIUSTA IN LINEA DI PRINCIPIO, MA CHE SEMBRA FATTA APPOSTA PER FAVORIRE I GRANDI GRUPPI E ASSOLUTAMENTE INEFFICACE CON CHI LAVORA NELL’OMBRA, COME AVVIENE NEI LABORATORI CINESI”
La norma: un decreto legge in vigore dal 24 dicembre fa salire vertiginosamente le sanzioni previste in caso di mancato rispetto di alcune norme riguardanti l'orario di lavoro e l'impiego di personale in nero. Il provvedimento, infatti, aumenta fino a dieci volte le somme che il datore inadempiente potrebbe pagare se viola alcune disposizioni. Tra le inadempienze punite in misura maggiore c'è il superamento della durata massima dell'orario di lavoro e il mancato riconoscimento del riposo settimanale.  Il sospetto: solita legge che, di fatto, favorisce i “grandi”, penalizza i “piccoli” e non è sicuramente in grado di incidere nelle sacche macroscopiche del lavoro nero “made in China”. “In linea di principio – commenta Patrizio Bertin, vicepresidente vicario dell’Ascom Confcommercio di Padova – non possiamo che essere d’accordo sulla tutela dei lavoratori. Nutriamo però seri dubbi che il provvedimento varato alla vigilia di Natale possa contribuire a combattere il lavoro nero. A nostro giudizio, semmai, è un ulteriore limitazione ai danni di chi, esercizio commerciale di vicinato o tradizionale che dir si voglia, dapprima è “costretto” a tenere aperto 7 giorni su 7 per via delle liberalizzazioni e poi, se sfora i rigidi limiti sul lavoro, viene anche penalizzato con multe che lo faranno chiudere”. Secondo la norma, infatti, l'orario di lavoro non deve superare le 48 ore in 7 giorni (rilevabili come media) e il lavoratore deve riposare almeno 24 ore consecutive ogni 7 giorni. In caso di inosservanza, per entrambe le tipologie, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria che va da 1.000 euro a 7.500 euro (prima variava tra 100 e 750 euro) e la sanzione varia da 4.000 a 15.000 euro se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori. “Le piccole imprese del commercio, del turismo e dei servizi – continua Bertin – di tutto hanno bisogno fuorchè di norme rigide. Per contro, per cercare di limitare i danni causati da una crisi che ha portato i redditi ai livelli del 1986, avremmo bisogno di elasticità, quell’elasticità che i grandi gruppi ottengono con facilità grazie alla loro organizzazione del lavoro ma che, per oggettive difficoltà legate ai numeri piccolissimi delle micro aziende, è difficoltoso per chi deve giostrare su una o due persone che, magari, possono sforare i limiti temporali in determinati giorni di “carico” per recuperarli di lì a qualche giorno o settimana”. Capitolo sui lavoratori in nero. In tale circostanza gli importi delle sanzioni aumentano del 30 per cento. Ne deriva che, ferma restando l'applicazione delle sanzioni stesse per la mancata comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro (che non subisce incrementi), si applica la sanzione amministrativa da euro 1.950 (erano 1.500) a 15.600 euro (erano 12.000) per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 195 (erano 150) per ciascuna giornata di lavoro effettivo.
“Tutto bene – conclude Bertin – ma solo sulla carta e comunque solo nei confronti di chi lavora alla luce del sole. Multare chi comunque cerca di mantenersi in regola potrà far sorridere le casse esauste dello Stato ma non aiuta minimamente la battaglia, che dovrebbe essere senza quartiere, contro chi, in barba a tutte le leggi, pratica il lavoro nero come sistema (serve ricordare i laboratori cinesi?) o, addirittura, non risulta iscritto in nessuna Camera di Commercio. Secondo voi, una legge siffatta può impensierire i professionisti dell’evasione totale? Io credo di no e credo anzi che questo tipo di norme, in linea di principio ineccepibili, non siano altro che, da un lato, fumo negli occhi, e dall’altro un tassello ulteriore di quella lotta senza quartiere che le lobby della grande impresa stanno conducendo, purtroppo con successo, contro i piccoli con l’obiettivo di eliminarli dal mercato per appropriarsene”.

 

PADOVA 7 GENNAIO 2014