BERTIN (PRESIDENTE ASCOM): “IL DUBBIO E’ CHE SERVA A RIMPINGUARE I NUMERI DEL JOBS ACT”
Anche questo è un effetto del Jobs Act.
Dal 1° gennaio è infatti in vigore l’obbligo per le aziende con più di 14 dipendenti (e fino a 35) di assumere un disabile.
“L’azienda con 15 dipendenti – spiegano all’ufficio gestione del personale dell’Ascom di Padova – fino allo scorso 31 dicembre non era tenuta a fare l’assunzione del disabile per coprire la quota di riserva, almeno fino a quando non assumeva il 16° dipendente. Una volta effettuata l’assunzione aveva 12 mesi di tempo per regolarizzare la posizione assumendo un disabile”.
Adesso non è più così.
L’azienda che al 1° gennaio annoverava 15 dipendenti è tenuta ad assumere il disabile, dove i 15 dipendenti vanno intesi come “dipendenti computabili” ed i non computabili sono i dirigenti, gli apprendisti, i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato non superiore a 6 mesi e dove eventuali lavoratori part-time vengono conteggiati in proporzione. Un esempio: l’azienda che ha 15 dipendenti, due dei quali apprendisti, non ricade nell’obbligo.
“Il problema è che i 12 mesi previsti in precedenza – spiegano all’Ascom – sono diventati solo 60 giorni, il che significa che se entro il 2 marzo prossimo non si è ottemperato, scatta la sanzione che è di ben 153,20 euro al giorno!”
Un bel problema.
“Mentre i dati Istat diffusi questa mattina – sottolinea il presidente dell’Ascom, Patrizio Bertin – offrono un quadro roseo forse più statistico che reale, per quanto riguarda le piccole imprese ancora una volta non si tiene conto delle peculiarità del sistema imprenditoriale italiano e si scaricano su di esse compiti che dovrebbero essere in capo allo Stato”.
Nessuno infatti obietta che i disabili meritino di essere inseriti a pieno titolo nel sistema produttivo, ma un dipendente in più in una piccola impresa rischia di terremotare non solo il bilancio ma soprattutto l’organizzazione.
“Il dubbio – sospetta Bertin – è che l’assunzione obbligatoria, al pari dei numeri relativi alle occupazioni a tempo determinato, servano a sostenere la bontà del Jobs Act”.
Un dubbio che sembra concretizzarsi nel momento in cui, archiviata la decontribuzione triennale sulle assunzioni a tempo indeterminato concessa alle imprese dal governo Renzi sui contratti stipulati nel 2015, i numeri, nonostante i buoni risultati complessivi, cominciano ad assottigliarsi.
“Il Jobs Act ha avuto sicuramente dei meriti – aggiunge il presidente dell’Ascom – ma non è solo con provvedimenti per forza di cose temporanei o obbligatori (com’è il caso delle assunzioni dei disabili nelle piccole imprese) che si risolve la vera questione del lavoro in Italia che è quella del divario esistente tra domanda e offerta di lavoro. Quando un'impresa cerca un determinato profilo, infatti, una volta su cinque fatica a trovarlo”.
Le conclusioni, a questo punto, sono presto tratte.
“Con l’inizio del nuovo anno – chiude il presidente dell’Ascom – stiamo verificando tutta una serie di nuovi obblighi essenzialmente destinati alle piccole imprese, evidentemente le uniche che garantiscono gettito e occupazione. Ma a forza di tirate la corda, finisce che questa si spezza e allora addio a gettito e anche ad occupazione”.
Padova 9 gennaio 2018