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ADDIO MONETINE DA 1 E 2 CENTESIMI: PER L'ASCOM COSTI IN AUMENTO

PER LO STATO UN PROVVEDIMENTO CHE FARA’ RISPARMIARE, PER L’ASCOM UN AGGRAVIO DI COSTI CONTABILI E MAL DI TESTA PER LE AZIENDE
Più facile a dirsi che a farsi.
Ed in ogni caso rischia di rappresentare un costo aggiuntivo per le imprese e, per assurdo, anche per lo Stato che sul provvedimento aveva scommesso per risparmiare qualcosa come 20 milioni di euro.
Già perché, nonostante dallo scorso 1° gennaio sia stato sospeso il conio delle monetine da 1 e 2 centesimi di euro le stesse comunque continueranno a poter essere utilizzate.
Magari non ha goduto della ribalta che forse avrebbe meritato il decreto legge che ha determinato la sospensione della produzione, da parte dell'Italia, delle monetine, ma gli effetti non sono proprio così trascurabili come si sarebbe portati a credere.
Ma vediamo di andare con ordine.
Innanzitutto, perché smettere di produrle? Perché, si è sostenuto nella relazione di accompagnamento al provvedimento, le monetine da 1 e 2 centesimi non vengono accettate dai parcometri, dai distributori automatici, dai caselli autostradali, ecc., per cui  restano spesso inutilizzate e il cui costo di “produzione” risulta superiore al relativo valore nominale. In effetti i costi di fabbricazione di ciascuna moneta da 1 centesimo ammontano a circa 4,5 centesimi di euro e quelli di ciascuna moneta da 2 centesimi risultano pari a 5,2 centesimi di euro: evidente che il gioco non vale la candela.
Però non è detto che il risparmio che è stato quantificato (20 milioni di euro) possa risultare effettivo visto che si dovrà aumentare il quantitativo di conio delle monetine da 5 centesimi!
Di più: nonostante la sospensione del conio, il corso legale delle monete in circolazione rimane, anche perché la diffusione è a carattere europeo per cui a fronte di un’Italia che ha sospeso la produzione (in verità lo hanno già fatto anche Finlandia, Olanda, Irlanda e Belgio) ci sono tutti gli altri Paesi dell’area euro che queste monete continueranno a produrle e ad utilizzarle contribuendo alla loro circolazione anche nel nostro Paese.
Cosa dunque di poco conto? 
“Nient’affatto – dichiarano i tecnici fiscali dell’Ascom – perché l’arrotondamento, per le contabilità aziendali, non è neutro e se l’importo complessivo dovuto viene pagato in contanti, subisce un arrotondamento per eccesso o per difetto ai 5 centesimi superiori o inferiori, col risultato che l’arrotondamento stesso deve essere fatto transitare a conto economico”.
Fin qui la complicazione per le aziende.
E per i cittadini consumatori?
Per loro il decreto presenta una tabella che spiega quali siano gli effetti del provvedimento.
In pratica, quando si dovesse pagare in contanti l’importo complessivamente dovuto (non dunque per singolo prodotto ma per scontrino totale) è arrotondato al multiplo di 5 centesimi con questa scansione specifica: 1 e 2 centesimi arrotondamento a “zero”, per difetto; 3 e 4 centesimi arrotondamento a 5 centesimi, per eccesso; 6 e 7 centesimi arrotondamento a 5 centesimi, per difetto; 8 e 9 centesimi arrotondamento a 10 centesimi, per eccesso”.
“Io voglio sperare – commenta il presidente dell’Ascom, Patrizio Bertin – che la “ratio” del provvedimento raggiunga effettivamente almeno i risultati di risparmio sperati da parte dello Stato perché per i commercianti si tratta di un aggravio di costi di cui non sentivamo assolutamente il bisogno!”

PADOVA 2 FEBBRAIO 2018