BERTIN (PRESIDENTE CONFCOMMERCIO VENETO E ASCOM PADOVA): “CREDEVAMO NELLA RIPARTENZA IL 4 MAGGIO, COSI’ INVECE RISCHIAMO LA MORTE DELLE IMPRESE”.
“O IL GOVERNO CAMBIA LE DATE O PORTEREMO A PALAZZO CHIGI LE CHIAVI DI QUANTI HANNO DOVUTO CHIUDERE”
Ieri sera si era seduto davanti alla tv per ascoltare il premier Conte convinto che, a partire da lunedì 4 maggio, un po’ tutto il settore del terziario (ovvero commercio, turismo e servizi) sarebbe stato in grado di poter riaprire. Si è alzato con un diavolo per capello (e mai espressione fu più appropriata in questo momento di chiusura dei saloni di parrucchiere).
“C’è poco da scherzare – attacca un arrabbiatissimo presidente di Confcommercio Veneto e Ascom Padova, Patrizio Bertin – qui siamo alla deresponsabilizzazione della classe politica. Mentre le imprese sono allo stremo il governo allunga i tempi della chiusura degli esercizi e decreta, di fatto, la morte delle imprese”.
Non se lo aspettava proprio un “rilancio” al 18 maggio dell’apertura dei negozi anche perché tutte le imprese erano pronte per ripartire in sicurezza.
“Sono giorni – continua Bertin – che tutti i nostri colleghi stanno attrezzandosi per ripartire già dal 4 maggio, una data che, nei giorni scorsi, sembrava la più plausibile per la ripartenza e che ancora adesso io ritengo la più logica”.
Invece niente. I negozi, abbigliamento in primis, slittano al 18 maggio e, addirittura, bar e ristoranti, ma non solo, “franano” al 1° giugno.
“Io non so – aggiunge il presidente – se il governo si rende conto che sta decretando la fine di un intero tessuto imprenditoriale che se non riparte subito è destinato alla morte”.
Dunque, secondo Bertin, si poteva e si doveva fare diversamente.
“Io insisto sul concetto della sicurezza – ribadisce – e dunque non comprendo perché sia prevista una data uguale per tutte le regioni quando sono diversi i dati epidemiologici di diffusione ed il Veneto, in questo senso, sembra avere dati piuttosto rassicuranti”.
Ma Bertin non intende gettare la spugna ed, anzi, rilancia.
“Se nei prossimi giorni il governo non modificherà la propria linea anticipando le date – scandisce mentre mostra in favore di camera una grande chiave con su scritto “chiuso per decreto” e con un teschio che è già tutto un programma – non ci resterà che consegnare le chiavi dei nostri negozi che dovranno chiudere, direttamente a Palazzo Chigi. Si assumerà il governo l’onere delle nostre spese per i dipendenti, per gli affitti, per i fornitori non pagati, per le tasse, ecc. E anche se chiediamo a gran voce destinazioni a fondo perduto non vogliamo essere degli assistiti ma vogliamo poter lavorare per far ripartire questo Paese. In sicurezza. Ma in piedi, non stesi perché morti”.
Padova 27 aprile 2020