L'Angolo della Sociologia
La sicurezza dei cittadini è sentita ormai come uno dei temi scottanti del dibattito politico-mediatico nei paesi industriali avanzati.
Ma che cosa intendiamo per “sicurezza”?
Sicurezza è vivere ed agire in un contesto dove il rischio di subire danni personali o collettivi, materiali o immateriali, è il più remoto possibile (il rischio-zero non esiste). Ad una sicurezza reale, oggettiva, radicata nelle strutture, nelle norme, nei comportamenti, la nostra psiche affianca un concetto di sicurezza filtrato attraverso la propria emotività, l’esperienza accumulata, la valutazione dei fatti e la previsione del loro evolversi: la cosiddetta sicurezza “percepita”.
Nella nota “Scala di Maslow”, che rappresenta in graduatoria i bisogni fondamentali dell’uomo, il bisogno di sicurezza si colloca al secondo posto, subito dopo i bisogni fisiologici primari (i successivi sono: appartenenza, stima, autorealizzazione).
Se ora ci chiedessimo: di che cosa possiamo essere sicuri? La risposta sarebbe: siamo assolutamente sicuri di essere insicuri.
Questa constatazione, lungi dall’essere cinica e qualunquista, è il primo passo per individuare, in ogni branca della vita sociale, strategie, problematiche e soluzioni per minimizzare l’area di insicurezza, creando una cultura della sicurezza su basi razionali.
Di fronte ad una società in continua ed incessante evoluzione occorre, infatti, saper decifrare la complessità della realtà in termini di sicurezza, senza cedere alla tentazione di semplificarla e banalizzarla, affrontando i fenomeni in modo scientifico. Affermare, ad esempio, che l’insicurezza deriva soprattutto dalla paura per la microcriminalità urbana, significa vedere soltanto una parte del problema, che è più complesso ed investe una molteplicità di situazioni.
La gestione della sicurezza chiama in campo innanzitutto i responsabili della cosa pubblica, il cui agire può influire molto (certamente non risolvere definitivamente) sia sulla prevenzione che sulla repressione di condotte inadeguate. Nell’immaginario popolare spesso si fa strada l’idea che interventi pesantemente repressivi potrebbero essere decisivi nella soluzione del problema, tuttavia non vi è riscontro certo che politiche esclusivamente repressive servano effettivamente a far diminuire la criminalità, senza contare che, tra gli effetti collaterali dannosi della politica a “tolleranza zero”, vi è la sottrazione di risorse alle politiche di integrazione sociale e welfare, che hanno un ruolo decisivo nel prevenire forme acute di esclusione, marginalizzazione e disgregazione sociale, che a loro volta alimentano il senso di insicurezza.
Vale la pena richiamare il contributo di Bauman che collega in modo convincente le trasformazioni negli assetti sociali delle società occidentali e i mutamenti nei sistemi culturali, che si trovano riflessi nell’esperienza intima di ciascuno di noi, con la crescente centralità della dimensione della sicurezza. Se, dice Bauman, il rapporto individuo-società nella modernità si fondava su uno scambio, a seguito del quale gli individui cedevano una parte considerevole della loro libertà personale in cambio di sicurezza garantita collettivamente, oggi accade il contrario.
E a generare diffusi sentimenti di paura è proprio l’inclinazione sostenuta dal sistema di valori della società contemporanea, orientato a rinunciare ad una quota elevata di sicurezza per rimuovere sempre più i vincoli che si frappongono all’esercizio della libertà di scelta del cittadino-imprenditore-consumatore: la società globalizzata è una macchina che produce la circolazione di cose e persone e allo stesso tempo di estraneità; esperienze e persone sempre più diverse entrano in contatto, ma non si attraggono e non costituiscono alcun legame sociale. Le ansie connesse al cambiamento vengono riversate su una sola dimensione dell’insicurezza, la criminalità, trascurando di considerare le incertezze che affliggono la posizione socio-economica degli individui nei complessi processi del libero mercato.
Il “ritorno agli spazi di comunità” appare in questo momento una via importante per far fronte alle proprie incertezze ed insicurezze. È agendo nei rapporti fra le persone che si rende la ricostruzione dell’Identità, base di partenza per un reciproco riconoscimento che conduca ad un nuovo modello di solidarietà sociale adatta al terzo millennio.
Tullio Segato
Criminologo